Più di un anno fa Banksy, il celebre artista di street art dall’identità sconosciuta, pubblicava sul suo canale Instagram la sua opera realizzata a casa in lockdown, accompagnata dalla seguente didascalia “My wife hates it when I work from home”.
La pandemia ha costretto molte aziende e professionisti a reinventarsi e anche il settore dell’arte è stato pesantemente colpito: la chiusura di musei e mostre in genere sono stati obbligati ad attività virtuali e ad usare internet come l’unica vetrina possibile.
I musei e il mondo dell’arte ha subito una trasformazione digitale, che ha portato nuovi modi di lavorare, nuovi pubblici, nuovi modi di coinvolgimento. Il digitale è quindi diventato un nuovo strumento da aggiungere alla strategia e la tecnologia come abilitatore della mission.
Il digitale non è solo uno strumento di valorizzazione e partecipazione ma risponde alle sfide che si pongono oggi ai musei. Il museo è un’istituzione che effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva e le comunica, esponendole generalmente per scopi di studio educazione e piacere. I siti web, i social ma più in generale il digitale è lo spazio in cui i visitatori si scambiano le informazioni, partecipano in modo autonomo e attivo alla produzione culturale.
Si è ormai creata una nuova forma di coinvolgimento online che potrebbe cambiare per sempre il modo in cui il mercato dell’arte e i musei gestiscono la propria presenza online.
Con l’aiuto di Google è ora possibile visitare molti dei più noti musei a livello mondiale da casa, attraverso uno show virtuale come, ad esempio, quello sulla vita e il lavoro di Frida Kahlo.
ICOM Italia, il principale network italiano di musei e professionisti museali, ha avviato un’indagine su quanto realizzato dai Musei in termini di comunicazione digitale dal momento della loro chiusura; ha rilevato che quasi il 90% dei Musei ha creato contenuti ad hoc dopo la propria chiusura al pubblico, rispetto ai contenuti abitualmente pubblicati sui propri canali digitali. Addirittura, più di un terzo dei Musei ha attivato nuovi canali social o ha riattivato canali social per i quali avevano creato un account, ma che erano rimasti inutilizzati. Anche Twitch, la piattaforma di streaming per gamer, è stata utilizzata per portare i visitatori a spasso per il museo.
L’utilizzo delle gallerie virtuali per mettere in mostra le opere degli artisti tramite la realtà aumentata ha iniziato a diffondersi a macchia d’olio. In Italia gli Uffizi hanno creato una serie di mostre e tour virtuali, dei veri e propri viaggi immersivi a 360°.
Il digitale ha rappresentato una salvezza anche per gli artisti: a marzo 2020 il britannico Matthew Burrows ha lanciato un contest su Instagram “Artist support pledge” per sostenere gli artisti emergenti e incoraggiarli ad aiutarsi tra di loro. Ogni artista doveva pubblicare le foto dei propri lavori mettendo in vendita ciascun pezzo a massimo 200 sterline con l’hashtag #artistsupportpledge, con la promessa di utilizzare parte del ricavato per comprare un’opera di un altro artista ogni volta che ciascuno di loro raggiungeva 1000 sterline.
Per quanto riguarda il cinema, con la chiusura delle sale cinematografiche e lo stop quasi totale delle riprese, lo streaming è diventato lo strumento principale di visione. Quest’ultimo anno ha favorito un modello di distribuzione più accessibile e vicino ai bisogni delle persone: il cinema diventa quindi veicolo di contatto tra le persone l’arte e la cultura, nonché uno strumento di aggregazione.
Se da un lato la pandemia ha limitato o, in alcuni casi fermato, le attività artistiche, dall’altro ha obbligato il mondo dell’arte a trovare nuove forme di coinvolgimento online.
Fra tour virtuali e campagne di sostegno, i risultati sono molto positivi. Artisti e musei hanno spinto il piede sull’innovazione, accelerando su trend di nicchia e mostrando la grande capacità che possiede il mondo dell’arte: quella di sapersi sempre reinventare.