Quanti tipi di leadership esistono? Che caratteristiche ha la leadership? Quali sono gli stili che la caratterizzano? Sono tante le domande che ruotano attorno al concetto di leadership; spesso è fonte di ambiguità e tanti studiosi si sono sforzati di darne una definizione. Col risultato che siamo arrivati a non contarle più.
L’evoluzione della leadership
Nella storia abbiamo assistito ad un’evoluzione del concetto di leadership: da quella nichilista cioè oppressiva e dominante a quella autoritaria, dalla leadership fondata sull’autorevolezza fino ad arrivare all’attuale relazionale.
Ma quali modelli di leader conosciamo? La leadership si manifesta in due dimensioni:
- La capacità e il comportamento adottato come guida operativa.
- La capacità e i comportamenti adottati nella cura delle relazioni.
Stili e caratteristiche della leadership
Possiamo ora rispondere alla domanda posta inizialmente sugli stili che caratterizzano la leadership. Sono principalmente due:
- Stile direttivo: definisce gli obiettivi, dà indicazioni operative e organizza il lavoro fissando scadenze e controlli.
- Stile relazionale: orientato al coinvolgimento e al sostegno dei componenti del gruppo, con interazioni, scambi di opinioni e ascolto.
Due studiosi come Hersey e Blanchard hanno inoltre studiato il concetto di leadership situazionale, per la quale non c’è un modo giusto o sbagliato di essere leader ma occorre sviluppare l’abilità di adattarsi alla situazione, quindi al contesto e agli interlocutori con cui si ha a che fare. Ad esempio, calandoci in un contesto aziendale di qualunque tipo, un titolare di impresa o manager sarà tanto più efficace quanto più saprà modulare il proprio atteggiamento in funzione del team che gestisce. Come?
Quattro stili di leadership sulla base del contesto e dell’interlocutore
- Stile direttivo: l’ideale per gestire un dipendente che non abbia ancora acquisito familiarità con l’ambiente o senza particolari competenze tecniche. Serve pertanto indicare tutto ciò che va fatto in modo preciso. Quindi un leader che “dice cosa fare”.
- Stile persuasivo: indicato per gestire dipendenti che non hanno ancora tutte le competenze ma che vogliano crescere professionalmente. Occorre supportarli e motivarli al meglio: il leader in questo caso prende le decisioni ma spiegandone le ragioni e coinvolgendo sempre più da un punto di vista relazionale.
- Stile partecipativo: quando in azienda vi sono figure con molte competenze ma ancora segnate da insicurezza è il caso di adottare questo stile. Strategico quindi ridurre al minimo il comportamento direttivo perché verrebbe percepito come oppressivo; un buon leader terrà invece uno stile relazionale infondendo fiducia ai collaboratori.
- Stile delegante: per gestire persone responsabili, sicure di sé e già competenti, questo è lo stile più indicato. Il collaboratore lavorerà quindi in autonomia e il leader si limiterà a valutarne i risultati
Nella maggior parte dei contesti aziendali troviamo in maggioranza collaboratori dalla maturità professionale medio-bassa o medio-alta. Pertanto un leader dovrebbe generalmente adottare gli stili persuasivo e partecipativo in quanto quello direttivo e delegante sono indicati soltanto per gli individui dalla bassa o alta maturità professionale.
Attenzione però! Questo non significa che i collaboratori più dotati vadano trascurati. D’accordo dedicare attenzioni ed energie a quelli meno produttivi ma mai e poi mai far mancare il proprio apprezzamento: perdere per strada gli elementi più preziosi sarebbe un danno difficilmente riparabile.
Come abbiamo visto, sono tanti i risvolti che il concetto di stile di leadership implica e pure un alto tasso di complessità non manca. Spesso manager e imprenditori o anche solo figure che ricoprono ruoli di responsabilità, si trovano a interrogarsi su come gestire il proprio approccio in termini di leadership; che tipo di atteggiamento tenere in determinate situazioni e in funzione del proprio interlocutore è stata, e continua ad essere, materia di studio.
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