L’opinione di un cliente sui nostri corsi leadership e sui nostri progetti di consulenza nella sua azienda
“It’s Not How Good You Are, Its How Good You Want to Be” è un libro di Paul Arden, guru dei creativi inglesi (ma ha curato campagne pubblicitarie anche dalle nostre parti per Enel, Wind e Unicredit), prematuramente scomparso nel 2008. È un libro che deve piacere parecchio a Flavio Cabrini, General Manager di Osm Network, che nelle diapositive dei corsi leadership ne ha proposto la copertina. Il titolo dell’edizione italiana è “Non conta volere, ma volere contare” e probabilmente è meno efficace di una traduzione più letterale dell’originale che suonerebbe più o meno così: “Non conta quanto sei bravo, conta quanto bravo vuoi diventare”.
Di sicuro uno che la pensa così è Paolo Galfetti, chief executive officer di APR (sigla che sta per Applied Pharma Research), azienda di caratura internazionale che ha il suo quartier generale a Balerna in Svizzera ed una base anche a Charlotte, in North Carolina. Sviluppa prodotti innovativi in campo farmaceutico. Galfetti è un top manager, ha frequentato la Bocconi e il suo profilo si rintraccia perfino su “Bloomberg BusinessweeK” . Francamente è perciò abbastanza sorprendente trovarlo a prendere appunti nei corsi leadership di Osm Network. «Durante i quali mi scopro – parole sue, dette così seriamente da non somigliare a una battuta – più ignorante di quello che pensavo».
Schietto com’è, Galfetti racconta che quello di spendere ancora tempo nella formazione è un bisogno che gli è stato indotto. «Il cavallo di Troia, se così si può dire – rivela –, è stato il test che propone Osm Network. Francamente ero piuttosto scettico circa la sua utilità. Ma quando mi hanno sottoposto gli esiti sono rimasto sconcertato: non tanto perché mi ci sono perfettamente riconosciuto ma perché non riuscivo a capacitarmi di come chi l’aveva interpretato mi avesse davvero letto, anche intimamente, dentro».
Galfetti è all’APR fin dalla fase di start-up, negli anni Novanta. Dal 2002 ne ha assunto la direzione. «Per certi versi è stato anche un po’ cambiare mestiere, il che per me ha significato dovermi rendere conto che, per quante ne avessi accumulate, le esperienze e le competenze non bastano mai, se davvero vuoi garantire la crescita dell’azienda e di chi ti sta intorno».
Leadership è un termine che non ha nemmeno un corrispettivo nella lingua italiana e forse è giusto così perché la leadership è tante cose. «Caratterialmente – aggiunge Galfetti – io ero portato ad uno stile di conduzione del tipo “Chi mi ama mi segua”. Non è la visione giusta. Più approfondisci il tema della leadership e più capisci che devi metterti in discussione: se vuoi cambiare lo stato delle cose devi cambiare in primo luogo te stesso. Non puoi rapportarti con gli altri all’insegna del “fare-fare-fare”, devi coinvolgerli condividendo con loro un sogno. E quindi dialogo, trasparenza, apertura».
Ma quanto incide un leader nel clima che si crea in un’azienda? Galfetti è fin troppo perentorio: «Un buon 90%».
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